La bellezza accomuna tutti nel profondo, nella verità delle cose del mondo, che è la diversità.
Mia figlia Arianna, #autismo. |
Una delle ragioni, non per tutti razionalmente ammissibile, per le quali ai più è difficile l’accettazione della diversità, anche intesa come una qualche #disabilità, sta proprio nel rapporto che abbiamo con la #bellezza, nella mancanza di un senso estetico il cui sguardo profondo non si soffermi alla mera apparenza, un’orientamento dello sguardo corretto che non è assimilabile a una superficiale ricercatezza o raffinatezza.
La
percezione delle cose del mondo nella loro singolarità e particolarità -
parafrasando Thomas Moore, filosofo, terapista, autore, musicologo statunitense
- e il lasciarsi toccare e modificare dalla varietà dei modi in cui le cose si
presentano è percezione della bellezza primordiale, che sempre ci circonda
poiché eternamente presente in ogni cosa, in ogni luogo, nella natura lata, quindi
in ogni essere vivente. È questo un senso estetico il cui etimo viene fatto risalire
alla parola greca #aisthesis.
Chi è
privo o diseducato alla percezione della bellezza sensoriale è, dalla
prospettiva della sua propria interiorità, che a me piace chiamare Anima,
affetto da un gap, termine internazionale che indica un divario, un
distacco, una distanza ideale, una differenza che separa. Nel caso della disabilità, dunque, non sembrerebbe
errato dire che dalla prospettiva della nostra Anima il fatto che una persona
sia affetta da un #handicap fisico o mentale non fa alcuna differenza, per essa è solo una persona. Al contrario, coloro i quali trovandosi davanti una
persona con disabilità anche grave vedono solo la patologia sono per la loro
propria Anima affetti da un handicap percettivo, incapaci, poiché impossibilitati di rapportarsi
con la bellezza della quale ogni cosa, ogni luogo, la natura, ogni
essere vivente sono portatori.
La
nostra Anima, ovvero ciascuno di noi nella sua propria parte più autentica, poiché vicina
alla verità e al bello, si trova nella diversità e nelle immagini che il mondo
offre di sé: non uno è uguale a un altro. Noi
scopriamo chi siamo, conosciamo il nostro volto, solo nella struggente bellezza
della diversità di cui l’altro è portatore, anche quando questa diversità è
alterità assoluta come nel caso delle "neurodiversità".
Marina Morelli
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