Essere donna e caregiver, progetto realizzato da noidonne.org
Si è tenuto in data 17 giugno 2024 presso “Spazio Europa” in Roma, ufficio gestito dal Parlamento Europeo, un incontro sul tema della donna madre e caregiver familiare, il progetto realizzato dal magazine noidonne.org era patrocinato dalla Regione Lazio.
Ho partecipato insieme ad altre due madri e caregiver: Carla Cantatore e Barbara Tamanti.
Il progetto integrale è possibile trovarlo sul sito di noidonne.org: https://www.noidonne.org/fattore-h-donne-e-madri/index.php
Di seguito, il mio intervento integrale:
Mi
chiamo Marina Morelli, sono mamma e caregiver di due donne autistiche complesse
ad alto bisogno di supporto.
Dei 10 milioni di
caregiver italiani, il 75% sono donne comprese tra i 45 e i 64 anni. Ancora, nel
2024, in caso di bisogno familiare, è la DONNA a doversi sacrificare, è una legge
non scritta ma una dura legge sociale, che ostacola la nostra emancipazione e
autonomia. 
Noidonne caregiver siamo “a disposizione” della
persona non autosufficiente della
quale ci prendiamo cura e VIVIAMO
·       Senza diritti
costituzionali, quali il diritto al lavoro e alla salute.
·       E in assenza di
una legge sul Caregiver familiare nazionale - che riconosca direttamente al
caregiver, in qualità di beneficiario, un compenso e i versamenti Inps per
maturare una eventuale pensione -.
·       Senza la
possibilità di essere sostenute dai servizi in caso di emergenza dovuta a una crisi
di nervi della persona disabile complessa della quale siamo caregiver.
·       E con la
preoccupazione costante per il Dopo di Noi.
È su questi ultimi
due punti che voglio soffermarmi:
Cosa succede in
caso di crisi di nervi incontenibile? Succede che non esiste un servizio
sociale per le emergenze e le chiamate al NUE 112 sono in questo senso mal gestite
dai pronto soccorso, che di solito rimandano ai servizi con un appuntamento al
curante della ASL, il quale è lo stesso medico ad avere detto noi di chiamare
il NUE 112 non essendoci il servizio che medi il rapporto con gli ospedali. 
Su questa questione,
che spesso riguarda personalmente me come caregiver e le mie due figlie autistiche
complesse, mi sono confrontata con Cristiana Mazzoni, anche lei madre caregiver
e presidente di FIDA Forum Diritti
Autismo, la quale parteciperà a una Cabina di Regia della Regione Lazio che
partirà tra poco, al cui tavolo siedono anche le parti sociali, che si stanno
impegnando con tutte le loro forze per ottenere di colmare questo vuoto. Come
dice Cristiana “Il problema delle emergenze non è
serio ma serissimo, e si lavorerà affinché i servizi Tobia-Dama
nel Lazio, già presenti in alcuni ospedali per offrire in questo senso percorsi
intraospedalieri programmabili, possano essere ampliati e coinvolti in un
progetto che permetta agli ospedali di accogliere in emergenza le persone con
disabilità complesse e disturbi del neurosviluppo dovuti anche a malattie genetiche,
per giungere alla diagnosi, alla giusta cura e gestire i casi di acuzie e post
acuzie.”…
… che, intanto, gestiamo
noi caregiver, perché questo servizio di transizione sanitario e qualificato
non c’è, e noidonne che curiamo, in molte in situazione monoparentale,
spesso, prendiamo le botte dai nostri figli autistici complessi in crisi, i
quali, non potendosi spiegare, forse, non hanno sempre una crisi di nervi ma una
crisi di disperazione dovuta al fatto che stanno male fisicamente. Ne deriva
che le crisi incontenibili che gli ospedali lamentano di non potere gestire per
mancanza di personale qualificato, dobbiamo gestirle caregiver, senza che il nostro sforzo disumano sia efficace a
sollevare i nostri figli da quella sofferenza. 
Quindi, niente certezza
di diagnosi e cura nei pronto soccorso, dove in caso di crisi si tende a sedare
e non a escludere l’insorgere di un problema di tipo organico causa della
maggioranza della crisi, quindi, si viene rispediti al mittente con un appuntamento
con i servizi territoriali in base alla prima disponibilità del curante della
ASL, che di norma ha 500 pazienti.
L’isolamento a noi
imposto dal punto di vista sociale e umano, tutto ciò che ci viene chiesto di
impossibile, è una crudeltà, ma la nostra condizione viene fatta passare come una
scelta eroica personale. 
Il sistema si basa
per andare avanti sulla forza lavoro
nero dell’esercito invisibile dei caregiver.
Mi chiedo se la politica
avrà mai la volontà di affrontare seriamente il dramma delle donne caregiver, costrette
per amore a occuparsi dei loro cari in condizione di sfinimento psicofisico, in
quanto, troppo spesso, lasciate sole; si pensi che vi sono territori dove
l’assistenza domiciliare e i servizi trasporto non ci sono, o languono, mentre i
centri diurni sono una chimera.
Spiace dirlo, ma il
nostro paese, che non è fanalino di coda in Europa e nel mondo in fatto di
leggi di civiltà, non riesce poi a fare attecchire tale civiltà sui territori diffondendo
con la sua presenza attraverso servizi territoriali che siano efficienti una
cultura del sociale, che sradichi progressivamente la mentalità per la quale la
persona con una disabilità, congenita o sopraggiunta, viene considerata essenzialmente
una questione di famiglia e soprattutto della donna. 
E poi c’è la nota
dolente: l’ultimo punto che riguarda la preoccupazione avvilente per il cosiddetto
dopo di noi.
Sappiamo che i progetti
di vita che veramente rispettino la persona sono rari. Sarà avviata in questo senso
una sperimentazione in 9 province italiane da gennaio 2025, ma i fondi restano pochi.
A tal riguardo, in
Regione Lazio sta accadendo qualcosa che ha messo in agitazione noi caregiver. Ci
sono 89 persone autistiche complesse inserite, per il loro bene e per il loro
benessere, in case famiglia, le quali, a causa di una disputa per il pagamento
della loro retta in atto tra Comune di Roma e Regione Lazio, si sono vista
messa in discussione la loro permanenza nelle case dove attualmente vivono e hanno
trovato un po’ di serenità, e così i loro familiari ex caregiver: la deliberazione
regionale in questione è la 983 di dicembre 2023.
Il
Coordinamento Famiglie delle Persone Autistiche, con una serie di iniziative e
una lettera aperta al Sindaco di Roma, al Presidente della Regione Lazio e agli
Assessori, ha espresso esattamente il sentimento di preoccupazione di noi
genitori e caregiver interpretandolo in maniera corretta, ovvero che la
centralità della persona nella stesura e realizzazione dei progetti individuali
non può essere solo uno slogan ma dovrebbe essere una consapevolezza anche delle
amministrazioni. 
La notizia di
questa disputa tra amministrazioni ha lasciato noi caregiver basiti per la
indifferenza dimostrata innanzitutto nei riguardi delle 89 persone autistiche ignare
ma anche dei loro familiari, i quali credevano (nell’avere fatto quel passaggio
importante e difficilissimo, da tutte noi donne madri caregiver paventato
poiché micidiale, quale è l’avere avuto la forza di affidare i propri cari al
sistema) di essere riusciti a trovare loro una buona sistemazione e, invece, si
sono ritrovati in balia di questo genere di miserie amministrative che, mettendo
tutto in discussione, mettono a repentaglio la serenità dei loro cari e il loro
benessere. 
Quella dei conti della serva, invece di risolversela
 tra uffici (anche analizzando lo storico,
ovvero i motivi per i quali queste persone sono state a suo tempo inserite d’urgenza
in luoghi residenziali più adatti al loro benessere di quanto lo fossero
situazioni riabilitative), viene affrontata deliberando e diramando comunicati,
dovendo queste amministrazioni, giocoforza, ritornare sui propri passi, perché
non credo che un medico dirigente dei servizi sociali territoriali di
competenza, si sintonizzerà alle ragioni di queste amministrazioni in modalità
clinica regressiva (in altre parole invece di andare avanti andiamo indietro) firmando
l’entrata di queste persone in luoghi tipo RSA o RSD. 
Il problema sono sempre
i soldi, i soldi che risolvono tutto, che scombinano tutto e, in casi come questi,
la mancanza nella nostra Regione del passaggio dei servizi sociali e sanitari al
sistema integrato dei servizi territoriali, detto sociosanitario, esalta il problema del “chi deve pagare e quanto”, che si amplifica e diventa una disputa
quando le amministrazioni sono di colore politico diverso. 
A tal riguardo, mi
chiedo se in questi assessorati, evidentemente indifferenti alle nostre persone
(caregiver e autistici complessi), abbiano mai sentito parlare di presa in cura
e, quindi in carico, della persona ad approccio olistico, che ispira il
sistema unificato dei servizi sociosanitari,
divenuto nella nostra regione una chimera; approccio che per perseguire la
SALUTE della persona la considera nella sua interezza, perché la salute è psicofisica e non può
prescindere dalla qualità di vita e dal benessere percepito, quest’ultimo rilevabile anche nelle persone
con disabilità gravissima grazie a sistemi valutativi per l'appunto ad
approccio olistico.
Invece, queste persone
autistiche complesse di livello 3 (che evidentemente queste amministrazioni comunali
e regionali considerano per loro propria formazione e mentalità malate e bisognose di cure mediche di tipo contenitivo,
vengono valutate in modo meramente funzionale, al solo fine di renderle
“gestibili”, ossia adatte al sistema e non viceversa) le vorrebbero ricoverare
- mi viene da dire - così costano meno.
E le leggi che
parlano di progetti di vita e di diritto all’abitare? Che fine fanno questi diritti???, che si dovrebbero attuare
sui territori attraverso una capacità progettuale da parte degli enti locali, che
metta insieme tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti, al fine di
riconoscere alle persone con disturbo mentale il diritto a una vita autonoma
adulta con il supporto discreto di operatori con una formazione valida e un
supporto continuativo…
A giudicare da
come vanno le cose e dai pochi soldi che vengono destinati, sembrerebbero Leggi
di civiltà che, scombinando le carte, sono da combattere per le vie
burocratiche. La civiltà costa troppo, è brutto da dirsi, ma le cose stanno
così e la preoccupazione per i nostri figli resta … 
In una realtà come
questa, per noidonne caregiver, la SALUTE
dei nostri figli, il loro benessere, è più importante della nostra vita personale,
almeno fino a che ce la facciamo, mentre la nostra SALUTE e la nostra vita (che
non inizia mai) passano in secondo piano, almeno così è per me: perché alla fine
della fiera ciò a cui rinuncio io è sempre inferiore a quello a cui dovrebbero
rinunciare le mie figlie se io decidessi di tirarmi indietro, ma in questa
situazione, finché ce la faccio, io non decido proprio niente.


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Sii educato,grazie e benvenuto.