Mio intervento durante la presentazione del libro di Pierluigi Gargiulo "Il Movimento, un percorso lungo una vita" svoltasi in Senato il giorno 18 novembre 2019.
Mi chiamo Marina
Morelli, sono presidente della giovane Associazione “Come dopo di Noi” e sono madre
di due giovani donne con autismo. I libri sono stati da sempre i miei compagni
di viaggio e, specie nei 34 anni di vita, piuttosto solitaria, a contatto con
l’autismo delle mie figlie, le mie letture e il mio scrivere hanno reso più
sopportabile il dolore dovuto alle tante assenze, e Il Movimento, un percorso lungo una vita del professor Pierluigi Gargiulo
è fra questi libri, essendo come arrivato al momento giusto per insegnarmi ciò
che non sapevo, ossia di come il Movimento, sin dagli albori, abbia influito in modo
decisivo sulla evoluzione della nostra specie e continui a farlo, e mi ha
spiegato meglio qualcosa che già sapevo, ossia di come la clinica che
esso reca in sé sia decisiva in senso migliorativo per la Qualità delle nostre
Vite.
E la nostra Associazione ha messo proprio il tema
della QdV della persona disabile al centro dei suoi studi. Studi posti in
essere nel tentativo di rendere più accessibile agli aventi diritto e più sostenibile per il Sistema la
Legge 112/2016 detta Dopo di Noi, quindi per trovare soluzioni alle istanze che
ci vengono dal mondo della disabilità, del quale come madre io sono portavoce delle
mie figlie, le quali da sole non potrebbero, evidentemente, rappresentare appieno
i propri bisogni né esigere i propri diritti.
La QdV come la
intendiamo noi non è misurata in termini quantitativi, ma attraverso la
valutazione dell’importanza attribuita e della soddisfazione percepita in
quegli ambiti della vita applicabili a tutte
le persone e qualitativamente significativi per l’esistenza di ogni individuo. Fonti autorevoli
avallate da esiti estremamente positivi testimoniano che non una diagnosi
funzionale, ma il benessere percepito e il grado di soddisfazione rappresentino la guida più autentica nella
stesura del progetto individuale di vita autonoma adulta di tutte le persone con disabilità, che
ricordiamo hanno tutte pari dignità
e diritti, così come sancito dalla Legge 112/2016 detta Dopo di Noi, ciò indipendentemente
dalla interpretazione a cui ciascuna Legge scendendo nella realtà è successivamente
sottoposta per la sua applicazione.
Mi rendo conto che il pensare a un
disabile mentale grave che possa avere accesso a una vita in autonomia possa a
qualcuno apparire una utopia, ma dobbiamo fare appello alla nostra etica e
riconoscere che nella mente umana sorgono domande che esigono risposte che
meritano rispetto al livello al quale vengono poste. Meritano una risposta
della medesima natura anche se i livelli di pensiero che governano il
riduzionismo di molti sistemi di valutazione delle abilità e del quoziente
intellettivo non possono ammetterne la legittimità, come invece la Legge Dopo
di Noi fa.
Riguardo ciò, Pierluigi Gargiulo nel
suo libro ci ricorda che disabilità non
significa inabilità. (Disabilità) Esprime semplicemente adattabilità. Perché
comunque è grazie al Movimento che la disabilità conferma la vita. Vita, la cui definizione, ammonisce l’autore,
implica
l’impegno a evitare limiti e confini alla sua descrizione.
Sappiamo che all’interno del progetto
di vita della persona con disabilità rientrano nella maggioranza dei casi cure
farmacologiche. Nel capitolo otto, “Etica e
Movimento”, Gargiulo ci spiega che, anche
considerando gli aumenti di peso dovuti alle possibili interazioni
farmaco-nutriente il Movimento è Clinica, poiché è provato che, tra il
resto, aiuta nel controllo del peso corporeo, migliora il tono dell’umore, fa
recuperare l’identità corporea e l’autostima, migliora le funzioni respiratorie
e cardiocircolatorie … ma, soprattutto, lo stare assieme in Movimento, sottolinea
l’autore, contribuisce per la sua parte
a ottenere riconoscimento, equità e risposte, e convaliderà il superamento di
una semplice “amorevole” sorveglianza […] con insperati cambiamenti verso
dimensioni diverse, adattamenti imprevisti e straordinari imposti dal
cambiamento.
In altre parole, Il Movimento è una Clinica anche dal punto di vista
relazionale e aiuterebbe nella costruzione di una identità sociale persino chi
non riesce a orientarsi nel mondo, poiché non riesce bene a distinguere sé
stesso da ciò che altro da sé.
Ma oltre alla persona
disabile a me sta molto a cuore anche la condizione della donna madre caregiver, che sotto certi punti di vista è un po’ un
tutt’uno con il proprio figlio. Perché quando in una famiglia nasce un bambino
bisognoso di attenzioni particolarissime qualcuno deve stargli accanto, per curarlo,
sostenerlo, educarlo, aiutarlo a sviluppare quante più autonomie possibile, sia
dal punto di vista motorio che emotivo, perché, come ci ricorda il professor
Gargiulo, ancor prima che relazione, vivere
è autonomia, e di solito è la donna a farsi carico di questo immenso
compito, sia per una predisposizione naturale che per un modello culturale; ciò
comporta delle rinunce che, molto spesso, sappiamo implicano a loro volta la mancata
costruzione di una propria autonomia economica e l’impossibilità a muoversi
liberamente … e poiché i nostri figli sono quelli che fanno più fatica a crescere
e a individuarsi rispetto a noi figure genitoriali di riferimento, ecco che si
creano rapporti di tipo fusionale e che noi genitori in genere e specie noi
mamme per un istinto di protezione con molta difficoltà e lentezza accettiamo
la separazione da loro, anche per breve tempo. Così, i giorni a loro dedicati
passano sino a costituire una vita intera; e mi soffermo solo su ciò, anche se
molto ci sarebbe da dire riguardo alle tante rinunce a cui sono sottoposte le
persone con disabilità e le persone che si occupano di loro.
Anche tal riguardo, nella
sua introduzione, il professor Gargiulo scrive dicendo il vero, ossia che esclusione
fatta per il volontariato e la coraggiosa disponibilità dei Servizi Sanitari, la
sensazione che prevale è che il diverso sia sostanzialmente solo oltre che
isolato […] e sottolinea che la solitudine è una scelta spesso
volontaria, mentre l’isolamento si caratterizza per un senso di vuoto,
segregazione, che spinge a sentirsi sperduti anche in una moltitudine.
E guardate è proprio così, ed è facile
comprenderlo, perché, in fondo, questo vissuto esistenziale ci riguarda tutti,
nessuno escluso, nel momento in cui si è di fatto esclusi a causa dell’età
avanzata, di cadute in disgrazia, oppure di una “diversità”: di un disturbo, di
un diverso funzionamento, magari intercorso, ma riguardo ciò l’autore ricorda
che il concetto di salute e malattia è
uno stereotipo, che la persona SANA non esiste, che l’assunto che disabilità e
malattia siano sempre e solo uno stato di non salute o di irregolarità non
conciliabili con la nostra codifica di benessere è solo una leggenda.
Qui, varrebbe la pena di fare una
riflessione sullo stato in cui versano i Servizi Sociali, sulle mentalità, sulla
nostra Società che si rivela troppo spesso arretrata rispetto alle Leggi di
civiltà del nostro Stato, sulla necessità di politiche sociali inclusive vere
che, come prevede la convenzione ONU, diano la possibilità reale a tutte le persone con disabilità di avere accesso con la massima libertà possibile di
Movimento alla vita della
collettività, incluso alle attività sportive, ma anche alle attività culturali,
che rappresentano un tipo di nutrimento che permette l’attivazione
dell’immaginazione, quel movimento
interno, dell’anima, che è unica chiave d’accesso allo spessore della vita,
perché, parafrasando l’autore il
movimento impone una sorta di democrazia relazionale fra noi e gli altri,
creando attimi di meravigliosa consapevolezza e una completa assenza di
giudizio, di rispetto e di profonda empatia, cadono le barriere insomma … ed è su questi elementi che si fonda quel
Movimento autentico, creativo, conosciuto come Immaginazione Attiva in
Movimento … che ci guida verso l’interiorità, ma con l’originalità di essere
corpo oltre che sensazione, sentite che parole usa l’autore, rendendoci presenti all’attimo con
l’effetto insperabile di liberare emozioni altrimenti trattenute nel corpo.
Possiamo dunque riconoscere che il
Movimento favorisce la sintesi di quei
neurotrasmettitori capaci di promuovere un grande senso di benessere … e di
renderlo visibile all’esterno e comprenderete che questa è una chiave
d’accesso, una lettura dei bisogni, che diventa fondamentale per sostenere
nella propria vita autonoma adulta chi fa difficoltà a esprime i propri bisogni
in assenza di competenze linguistiche. Ecco quindi come l’Immaginazione attiva in Movimento diventa comunicazione, una
forma di autonomia che permette di entrare in relazione.
Ma voglio
riallacciarmi alla figura della madre caregiver. Il tempo passa e , d’un tratto,
noi ci si ritrova a esser signore di mezza età senza ne arte ne parte; abbiamo
fatto una grande cosa, siamo state accanto ai nostri figli nonostante
tutto,nonostante fossimo impreparate a tanto. Questa fase della nostra vita, la
mezza età, è trattata nel sesto capitolo
dedicato a noi donne; il professor Gargiulo la definisce i giorni del vino e delle rose, ma i giorni del vino e delle rose è
anche il titolo di un film che ha per tema l’impatto nefasto che l’alcool ha su
noi donne e che l’autore porta ad esempio per ricordarci con gentilezza che noi
signore è bene che non si beva troppo. Siamo delicate, insomma, sebbene fortissime
a suo dire: “agoni dello Spartan Race” definisce infatti l’autore noi donne
tuttofare J indaffarate tra faccende domestiche, figli, lavoro e chi più
ne ha più metta, come nell’estremo caso di chi presta cure e attenzioni
particolarissime a persone con disabilità.
Ciò mi conforta,
perché in effetti noi si è in continuo Movimento,
a volte, anzi, in strenuo Movimento,
ma è proprio questo essere sempre attive, ci conforta l’autore, a rappresentare una protezione motoria, una
spesa energetica che, sebbene meno che nelle società rurali del passato, fa noi assorbire il crepuscolo della vita come
un tramonto più graduale.
Ma l’aspetto più bello del sesto capitolo è il tentativo che l’autore fa di
sollevare noi tutte dal peso del ricorrere allo sport per “invecchiare meglio”
o peggio per “essere belle nonostante l’età”, introducendoci invece attraverso
la narrazione a una Clinica del Movimento
che scopriamo essere una filosofia di vita, un modo di concepirsi in modo
creativo all’interno di un corpo, che se vissuto diventa più nostro. Nonostante
la ineluttabile metamorfosi alla quale siamo tutti biologicamente sottoposti
attraverso le stagioni della vita, uno stile di vita scandito dalla Clinica del Movimento può non
espropriarci anzitempo ad opera del tempo del nostro corpo … anche per effetto
di una acquisita “capacità di
manutenzione del corpo” concetto introdotto, nel quinto
capitolo attraverso la descrizione della figura di Catone, il vecchio e
virtuoso senatore romano morto in età avanzata rispetto alla aspettativa
massima di vita dell’epoca, l’autore individua il suo segreto di lunga vita
nell’indiscusso patrimonio della saggezza, con la grande possibilità di una manutenzione della vita, conquistata
con l’esperienza. Quindi, la Clinica
del Movimento di Pierluigi Gargiulo è una filosofia di vita che prevede
uno stile di vita virtuoso in tutti i suoi aspetti, parafrasando l’autore, un
approccio bioetico che vuole porre, correttamente l’uomo all’interno del contenzioso
morale, ma anche di quello scientifico.
E infine concludo stranamente tornando
all’Introduzione, dove l’autore, per meglio
spiegare la sua tesi sul Movimento in tutti i suoi risvolti, quindi anche in
quel Movimento che è il pensiero, porta ad esempio la figura del grande
scienziato Stephen Hawking (1942 2018) reso disabile per gran parte della sua
vita dalla malattia, a mio avviso, più spietata che vi sia in circolazione: la
SLA. È questa una patologia dalla diagnosi molto infausta: progressiva perdita
di tutte le funzioni motorie fino alla immobilità totale.
Purtroppo, conosco bene questa
terribile patologia, che mi ha privato tragicamente di un affetto
importantissimo della mia vita. Ebbene, Gargiulo mi ha dato un conforto anche
in questo, ricordandomi in questo passo che ciò che ho visto con i miei occhi,
ovvero che chi è prigioniero ed è
limitato dal e nel proprio corpo, non è escluso dal vivere, soprattutto se la
sua capacità di pensiero è ancora integra e libera, affinché abbia luce anche
il movimento della mente. […] Anche il non movimento può illuminare e
vivificare la condizione umana. Anche quando sia solo ristretto a un
impercettibile cenno delle palpebre o a un tocco infinitesimale di un
polpastrello, il movimento esprime la sua essenza, la sua potenza. Perché è
guidato dalla mente, se non dal cuore.
Perché Vivere è per l’autore, come detto, innanzitutto autonomia: autonomia
di movimento, sensoriale e, soprattutto, di pensiero.
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