Lettera a un giovane poeta ...

Ci fosse dato di veder più oltre che non giunga il nostro sapere e un poco più in là dei bastioni del nostro presentimento, forse allora sopporteremmo noi le nostre tristezze con maggiore fiducia che le nostre gioie. Che sono esse i momenti, in cui qualcosa di nuovo è entrato in noi, qualcosa di sconosciuto; i nostri sentimenti ammutoliscono in casta timidezza, tutto in noi indietreggia, sorge in noi una calma, e il nuovo, che nessuno conosce, vi sta nel mezzo e tace. Io credo che quasi tutte le nostre tristezze siano momenti di tensione, che noi risentiamo come paralisi, perché non udiamo più vivere i nostri sentimenti sorpresi [...] Perché il momento vuoto in apparenza e fisso, in cui il futuro entra in noi, è tanto più vicino alla vita, di quell'altro sonoro e casuale istante in cui esso, come dal di fuori, ci accade [...] Si sono già dovuti ripensare rovesciando tanti concetti di movimento, s'imparerà anche a poco a poco a riconoscere che quello che noi chiamiamo destino esce dagli uomini, non entra in essi da fuori.

Rilke 1929, 55- 57 

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