Non sappiamo cosa sia l'amore.

Nell'amore l'amante e l'amato si sentono reciprocamente "destinati", mossi cioè da una forza che, da una parte, li separa e li governa e, dall'altra parte, quanto di più specifico compete all'uno e all'altro. Il "destino si sa è bifronte: da un lato appare come forma cosmica, dall'altro è quanto di più singolare ci riguarda, quel che appunto ci rende "singoli", inconfondibili, in un certo senso "soli".
Si dirà: un sentimento non garantisce nulla, un sentimento può anche ingannare. Così è infatti. Un sentimento non ha alcuna realtà al di fuori della psiche che lo sperimenta, dunque nessuna garanzia ontologica. E' un evento, non una rex, una cosa. Si radica in sé stesso. Per quanto può apparire effimero come una falena o immortale come un dio. Non sappiamo cosa sia l'amore. Sappiamo sole che "abitandolo" l'amante si sento destinato all'amato e questo a quello. E allora, per questo sentimento che non ha radici al di fuori di sé stesso, si attua quel "miracolo" del tutto inesplorabile dell'"entusiasmo amoroso", in cui, dice Jaspers: "La singola persona finita diventa l'uno e l'assoluto". [...]
l'"Io" e il "Tu", avvertono di muoversi, anzi di "essere mossi" l'uno verso l'altro da distanze cosmiche, da tempi mitici inimmaginabili. L'esser convenuti da spazi ed ere incommensurabili in un unico, definitissimo punto procura la ferrea vertigine che afferra i pellegrini dell'assoluto, non importa se si tratta di mistici o di amanti. Dall'altra parte i primi hanno sempre impiegato il linguaggio dei secondi. Ognuno, infatti, nell'amore, è assoluto per l'altro.
Mario Trevi, Sesso, erotica amore: una possibile geometria. 

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