Alessandro Magno ed Efestione.

Alessandro ed Efestione
... Erano nati nello stesso mese, sulle stesse montagne, figli della stessa razza, con gli stessi dèi; avevano vissuto sotto lo stesso tetto, a partire da quattordici anni...
Il giorno giunse. Nell'oscurità antelucana, si allinearono sulla piazza, intorno alla piattaforma: generali, principi, satrapi, sacerdoti; alfieri, araldi, musicanti; gli elefanti dipinti. Accanto ai gradini c'erano i bracieri e le torce.
I portatori trasportarono la bara su per le scale nascoste. Quando giunsero alla sommità, piccoli come giocattoli, e la deposero sul catafalco, le sirene cantarono, fioche nel cielo. Poi discero, sempre cantando. Le torce vennero accese nei bracieri.
La pira poggiava su colonne di legno di palma; nello spazio intermedio si accumulavano esca e paglia asciutta. Alessandro si fece avanti con la torcia, solo.
Era in preda a un'esaltazione che sormontava la follia, in preda all'estasi. Peukesta, il quale lo aveva veduto battersi con la freccia dei magliani conficcata nel fianco, disse in seguito che il suo aspetto era stato identico. Gli elefanti sollevarono le proboscidi e barrirono.
Egli lanciò la torcia; fiamme ne guizzarono. Gli amici fecero altrettanto; i tizzoni sparsero; il fuoco sprizzò attraverso le grate, entro la fila di navi. E cominciò a ruggire.
La pira era stata riempita d'esca al centro, per tutta la sua altezza di sessanta metri. La vampata salì a spirale, oltre le navi e gli arcieri e i leoni e le aquile e gli scudi e le ghirlande. Sulla sommità avvolse la bara ed esplose con una gran lingua di fiamma contro il cielo verde dell'alba.
Un tempo, a Persepoli, a quel banchetto di fuoco, erano stati a guardare, fianco a fianco.
Per qualche tempo l'alta torre rimase in piedi nella sua paurosa bellezza; poi, strato su strato, si afflosciò. Un'aquila piombò sulla piattaforma con le ali fiammeggianti; le sirene precipitarono all'interno; la bara scomparve. Travi, massicce sculture di legno cominciarono a piombare giù, proiettando fasci di scintille alti come alberi. La pira era un'unica torcia che ardeva sino all'impugnatura e alla cui luce io vedevo soltanto il volto di lui.
Il sole spuntò, l'intera parata rimaneva in piedi stordita nella calura. Quando non rimase altro se non rosse braci e bianche ceneri, egli diede l'odine di rompere le righe. Lo impartì personalmente. Avevo creduto che sarebbero stati costretti a scrollarlo, per farlo rientrare in sé.
Mentre si allontanava, una turba di sacerdoti lo avvicinò, con le vesti di ogni sorta di templi. Alessandro rispose concisamente e proseguì. I sacerdoti avevano un'aria scontenta. Raggiunsi uno degli scudieri che gli erano rimasti vicini, e domandai che cosa fosse accaduto.
Rispose: "Hanno chiesto se adesso potevano riaccendere i fuochi sacri. No, fino al tramonto, ha detto lui."
Lo fissai, incredulo: "I fuochi dei templi? Aveva ordinato di spegnerli?"
"Sì, per il periodo del lutto. Bagoa, hai una brutta cera, è stato tutto quel caldo. Vieni qui a l'ombra. Significa qualcosa a Babilonia?"
"Li spengono quando muore il re."
Il silenzio scese tra di noi.
(Tratto da "Il ragazzo Persiano" di Mary Renault)

Commenti

  1. Volpone
    mi piace l'ultima parte "Vieni qui a l'ombra ......."
    non ti sembra un processo ermetico morire silenzio e ri-nascere ?

    io la vedo cosi, forse sbaglio
    baci a tutti

    Naddeo Rosario

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  2. No ROSARIO,
    in questo caso fa parte di un dialogo e si riferisce al fatto che faceva un caldo cane e che Alessandro Magno aveva pretespo che tutti stessero lì al calore infernale della pira ad accompagnare attraverso l'ultimo viaggio Efestione...amico di sempre e amato...per di più era sorto il cocente sole.
    Baci.

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  3. Bello questo "estratto" Marina!

    Alessandro Magno per tanti versi è uno dei miei personaggi storici favoriti.Seppure non esente da difetti, quelli che contraddistinguono i tiranni.
    Tuttavia era anche molto altro.

    Che Efestione fosse il suo amante non è certo.Anche se determinati atteggiamenti fanno supporre...passione.

    Un bacio.

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